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La Povertà Lavorativa in Italia: Cos’è e Perché è in Crescita

Negli ultimi vent’anni, la povertà lavorativa è diventata un problema crescente, soprattutto nei paesi dell’OCSE e nell’Unione Europea. Nonostante un calo generale della disoccupazione, molte nuove assunzioni sono caratterizzate da precarietà e stipendi insufficienti, rendendo difficile il mantenimento di una qualità di vita dignitosa. In Italia, il fenomeno è particolarmente evidente: il 12% dei lavoratori italiani guadagna meno della soglia di povertà, pari a 11.500 euro netti annui, con pesanti implicazioni per la società e l’economia.

La Definizione di Povertà Lavorativa e l’Indicatore In-Work At-Risk-of-Poverty Rate

L’Unione Europea ha definito la povertà lavorativa attraverso un indicatore, il “In-work at-risk-of-poverty rate”, introdotto nel 2005. Questo indicatore misura la percentuale di lavoratori che, pur avendo un’occupazione per almeno sette mesi all’anno, vivono in famiglie con un reddito inferiore al 60% del reddito disponibile medio. Tuttavia, l’indicatore presenta limiti: non include i lavoratori con contratti saltuari o precari e usa il reddito familiare come unità di misura, nascondendo spesso squilibri generazionali e discriminazioni di genere.

Le Retribuzioni in Italia: Un Declino Unico in Europa

In Italia, dal 2000 al 2020, le retribuzioni hanno subito un calo del 3,6%, una tendenza unica tra i principali paesi dell’Unione Europea. Secondo dati OCSE, nello stesso periodo, la Germania ha visto un aumento delle retribuzioni del 17,9%, la Francia del 17,5%, i Paesi Bassi del 12,3% e il Lussemburgo addirittura del 153,3%. Il fenomeno italiano, che riguarda anche Spagna e Grecia (con riduzioni dell’1,1% e dello 0,2% rispettivamente), è stato aggravato tra il 2021 e il 2023 dall’inflazione e dal caro energia, che hanno eroso ulteriormente il potere d’acquisto dei lavoratori.

Crescita della Precarietà: I Lavoratori a Termine e la Diffusione dei Contratti Precari

Uno degli aspetti più preoccupanti della povertà lavorativa in Italia è la crescita dei contratti a termine e delle occupazioni saltuarie. Dal 1990, il numero di lavoratori a termine è raddoppiato, passando da 1,5 milioni a oltre 3 milioni nel 2022, con quasi la metà di questi contratti della durata inferiore a sei mesi. Anche la percentuale di occupazioni “standard” è calata dal 65% al 59,9% tra il 2000 e il 2022, mentre si è diffusa la contrattazione di prossimità, che ha incentivato la creazione dei cosiddetti “contratti pirata”. Questi contratti, stipulati spesso da organizzazioni sindacali e datoriali non rappresentative, prevedono retribuzioni inferiori rispetto a quelle stabilite dai Contratti Collettivi Nazionali, alimentando il problema della povertà lavorativa.

Dati sulla Povertà Lavorativa in Italia: Chi Sono i “Working Poor”?

Nel 2022, il 12% dei lavoratori italiani viveva in condizione di povertà lavorativa. Questo dato, superiore di quattro punti rispetto a Germania e Francia e due punti sopra la media UE, coinvolge soprattutto alcune categorie:

  • Lavoratori stranieri
  • Individui con bassi livelli di istruzione
  • Famiglie con uno o più minori a carico

L’ISTAT ha stimato che, sempre nel 2022, oltre 5,6 milioni di persone in Italia vivevano in povertà assoluta, una cifra in aumento rispetto al 2021, pari al 9,7% della popolazione totale. La crescita dell’inflazione ha contribuito a peggiorare la situazione, abbassando il potere d’acquisto delle famiglie e aumentando le difficoltà economiche per i lavoratori più vulnerabili.

Record di Occupazione in Italia nel 2023: Una Ripresa Apparente?

Nel 2023, l’Italia ha raggiunto un livello record di 23,7 milioni di occupati, con un tasso di occupazione del 61,9%. Tuttavia, questo dato è ancora inferiore rispetto ad altri paesi europei, come Germania (77,5%), Francia (68,7%) e Spagna (65,8%). Nonostante l’aumento del numero di occupati, la qualità delle nuove assunzioni rimane problematica: solo il 16,5% dei nuovi contratti del 2023 era a tempo indeterminato, mentre il 44,3% era a termine, il 14% stagionale e il 12% in somministrazione. Questa prevalenza di contratti precari rende molti lavoratori vulnerabili alla povertà, poiché non garantisce stabilità né sicurezza economica.

Conseguenze della Povertà Lavorativa e Prospettive Future

La povertà lavorativa non è solo una questione di reddito insufficiente, ma ha effetti profondi sulla qualità della vita, sulla stabilità sociale e sull’economia nazionale. I lavoratori in condizione di povertà hanno un accesso limitato a servizi essenziali come assistenza sanitaria, educazione e casa. Questo fenomeno ha conseguenze anche sulla produttività e sulla capacità di sviluppo del paese, poiché la mancanza di sicurezza economica riduce la possibilità di investire in formazione e crescita personale.

La situazione richiede interventi mirati per migliorare le condizioni contrattuali e le retribuzioni. Investimenti in formazione e politiche di sostegno all’occupazione stabile possono aiutare a contrastare la povertà lavorativa e a offrire prospettive migliori alle generazioni future.

La povertà lavorativa è un fenomeno in crescita in Italia, influenzato dalla diffusione dei contratti precari, dall’erosione del potere d’acquisto e dal calo delle retribuzioni. Senza interventi significativi, l’Italia rischia di vedere aumentare ulteriormente il numero di lavoratori in difficoltà, con conseguenze a lungo termine per l’intera società.

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